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La Cop29, la conferenza annuale sul clima dell’Onu, che si è tenuta a Baku in Azerbaigian dall’11 al 24 novembre, è stata un fallimento, come sostengono alcuni osservatori?
Analisi
No, la Cop29 di Baku non è stata un fallimento. E’ riuscita a triplicare gli aiuti ai paesi in via di sviluppo per il cambiamento climatico, da 100 a 300 miliardi di dollari all’anno, anche se in modo molto graduale fino al 2035. Ha inoltre istituito un mercato internazionale delle emissioni di carbonio fra gli stati, che permetterà grandi investimenti in riforestazione nei paesi più poveri.
La Cop29 non ha fatto progressi sul taglio delle emissioni di gas serra, la cosiddetta “mitigazione” del cambiamento climatico. Ma non sono stati fatti passi indietro rispetto agli obiettivi fissati l’anno scorso alla Cop28 di Dubai: triplicare le fonti rinnovabili al 2030, raddoppiare l’efficienza energetica per la stessa data, uscire gradualmente dalle fonti fossili (anche se senza scadenze precise). Su questi impegni non è stata fatta nessuna marcia indietro.
Perché allora molti dicono che la Cop è stata un fallimento? Perché molti speravano di ottenere di più, e si sono dovuto accontentare di molto meno. I paesi emergenti e in via di sviluppo del G77+Cina chiedevano 1300 miliardi di dollari all’anno di aiuti già dal 2025, soprattutto in contributi statali a fondo perduto. Una cifra che i paesi ricchi donatori hanno detto che era impossibile da raggiungere.
Alla fine, si è raggiunto un accordo su un aumento graduale da 100 a 300 miliardi dollari all’anno dal 2025 al 2035, con i soldi che provengono da tutte le fonti, pubbliche e private: stati, banche multilaterali di sviluppo, banche private con garanzie pubbliche. L’India e altri paesi emergenti o in via di sviluppo hanno sostenuto che questi soldi sono troppo pochi e che in gran parte creano nuovo debito, e hanno detto di non condividere l’accordo. Tuttavia, a Baku non hanno votato contro, permettendo che venisse approvato. Anche se a loro avviso insufficiente, il nuovo obiettivo di finanza climatica aumenta comunque gli aiuti, anche se gradualmente. Meglio qualche soldo in più, è stato il loro ragionamento implicito, che gli stessi soldi di prima.
La Cop29 ha istituito il “mercato internazionale del carbonio” previsto dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi e mai realizzato dal 2015. In pratica, grazie a un meccanismo gestito dalla Convenzione dell’Onu per il cambiamento climatico, la Unfccc, i paesi potranno investire in grandi progetti di riforestazione all’estero. La Co2 che verrà assorbita da queste nuove foreste in un altro paese, sarà considerata come un taglio delle proprie emissioni nazionali. Con questo sistema, i paesi in via di sviluppo riceveranno cospicui investimenti in riforestazione, e quelli sviluppati potranno raggiungere più facilmente i loro impegni di decarbonizzazione.
Dove la Cop29 non ha raggiunto risultati è stato nell’aumento degli impegni di riduzione delle emissioni. L’Arabia Saudita e gli altri paesi petroliferi hanno bloccato ogni tentativo di imporre qualsiasi taglio alle fonti fossili. Il termine “combustibili fossili” non è stato neppure nominato nei tanti e lunghissimi documenti finali prodotti dalla Cop. Sono anni che i petrostati arrivano alle Cop (o le organizzano direttamente a casa loro, come l’anno scorso e quest’anno) con l’obiettivo di rallentare o bloccare la decarbonizzazione.
Dopo le aperture di Dubai l’anno scorso, quest’anno in Azerbaigian il tema della mitigazione è stato messo da parte, nonostante i tentativi di Unione europea e Stati Uniti di inserire qualche impegno in più. Arabia Saudita e petrostati hanno giocato abilmente sui paesi più poveri, che volevano parlare soltanto di aiuti a loro favore e non di obblighi di taglio delle emissioni, per togliere l’argomento dalla discussione. Allo stesso modo, dai documenti finali sono spariti impegni più stringenti sui diritti umani e sui diritti delle donne. Per chiudere l’accordo sulla finanza climatica a una cifra accettabile, Ue e Stati Uniti hanno dovuto accantonare anche questi temi.
A Baku, la ministra dell’Ambiente del Brasile, Marina Silva, ha promesso che di mitigazione, diritti umani e diritti delle donne si tornerà a parlare l’anno prossimo alla Cop30 di Belem, in Amazzonia.
Conclusioni
Dare un giudizio oggettivo su di una conferenza di politica internazionale come la Cop è sempre difficile: ogni stato, ogni ong, ogni istituzione internazionale, ogni analista, tendono a dare una valutazione politica diversa, a seconda dei propri interessi e dei propri valori. Per la Cop29 di Baku, il semplice calcolo dei risultati finali dimostra che qualcosa in più rispetto all’anno prima è stato ottenuto, e quindi non si può parlare di fallimento.
Certo, si tratta sempre di progressi insufficienti rispetto alla gravità dell’avanzare della crisi climatica. Su questo, tutti gli osservatori sono concordi. Tuttavia, questi progressi sono il massimo che si può ottenere a livello di politica mondiale, e mantengono comunque la comunità internazionale sulla strada giusta. La velocità con cui si percorre questa strada non è sufficiente. Ma se non ci fossero le Cop, non ci sarebbe neppure la strada.
Fonti
https://eccoclimate.org/key-takeaways-from-cop29/
https://www.italiaclima.org/cop29-analisi-completa-italian-climate-network/
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